Con Dante ed Ezzelino, colazione a Terraprava.

Mi piacciono i pre-giudizi, soprattutto quando si rivelano assolutamente infondati.

All’annuncio che sarebbe venuto a incontrarmi al Pomo d’Oro il titolare di un’azienda agricola locale, mi era stato anticipato che non sarei mai potuta andarci d’accordo. E così..non è stato. Dopo soli tre minuti di colloquio la sintonia si era già palesata, e dopo dieci minuti ci avrebbero potuto scambiare per amici di vecchia data.

E’ andato proprio così il mio primo incontro con Fabian Bertoncello, che insieme alla moglie Monia Zilio gestisce l’azienda Terraprava di Romano d’Ezzelino, coltivando con il metodo biologico e biodinamico un vigneto di 14.000mq sul Col Roigo, suddivisi tra 8000mq di Souvignier Gris (varietà Piwi) e 6000mq di Chardonnay. Senza contare i 12000mq di ulivi, i 16000mq di noccioli e i 600mq di alberi da frutto di antiche varietà che ho avuto modo di ammirare gustando con Monia e Fabian un’ottima colazione di prima mattina.

Da “ terra prava”, cioè crudele e spietata, come fu definita da Dante la zona collinare di Romano a ricordo della malvagità di Ezzelino III, a oasi deputata al rispetto per la natura e per i suoi ritmi, bandendo l’utilizzo di qualsiasi prodotto chimico: il sogno di Monia diventa realtà dal 2014, quando Fabian decide acquistare quel pezzo di terra.
“Dal balcone di casa mia – racconta Monia – ammiravo da piccola quella collina mentre il papà e la nonna mi raccontavano di quando la coltivavano come mezzadri. A Terraprava non si scende a compromessi fra qualità e quantità, il nostro capitale è il suolo, perché solo un suolo vivo può produrre alimenti sani e vitali.
Il primo vino ufficiale di Terraprava ad essere presentato sul mercato si chiama “Roverso”, nato dalla volontà di Fabian e Monia di uscire con un prodotto “beverino”.
“Inizialmente lo si voleva chiamare “Verso” per richiamare la Divina Commedia da cui abbiamo tratto il nome dell’azienda e il logo fatto a spirale, che rimanda sia all’opera dantesca che all’atto della dinamizzazione biodinamica – spiega Monia – ma ci sembrava un nome troppo impegnativo e serioso. E allora abbiamo pensato, perché non chiamarlo Roverso? Come l’atto del rovesciare, “te roverso un biciere de vin” in dialetto puramente veneto, e poi Roverso perché si può scegliere di berlo pulito oppure di consumarlo dopo averlo rovesciato, “sporcandolo” col fondo volutamente lasciato in bottiglia”.

Si tratta infatti di un vino con base Chardonnay per l’80% rifermentato in bottiglia grazie all’aggiunta del mosto del passito del Souvignier Gris, non filtrato, né chiarificato, né stabilizzato.
“E’ durante la vendemmia, manuale e in cassetta – prosegue Monia – che scegliamo i grappoli migliori per poi spremerli in maniera molto soffice e farli fermentare con lieviti indigeni.”

Non mi resta che invitarvi a provare questo prodotto del nostro meraviglioso territorio collinare pedemontano, ma attenzione: non è un’ esperienza per tutti! Perchè, come recita il motto dell’azienda, i vini di Terraprava sono “eticamente sovversivi per consumatori dal pensiero libero”.

A presto,
Letizia

 

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